Nella manifestazione del No B Day le/i Giovani Comuniste/i hanno sfilato davanti allo spezzone della Brigata di solidarietà attiva per chiedere le dimissioni di Berlusconi e del suo governo, capaci di propagandare come risolto il problema della ricostruzione dell'Aquila mentre ci troviamo ancora in una situazione di estrema emergenza abitativa, occupazionale, economica. Vergogna!
L'enorme corteo è stato aperto dai tanti che hanno scelto di portare il colore viola perché è un colore non riconducibile a nessun partito. Noi invece abbiamo scelto il rosso perché è il colore dei lavoratori e delle lavoratrici di tutto il mondo, è il colore delle bandiere del Partito della Rifondazione Comunista e della Federazione della Sinistra che, in una prova di forza straordinaria, a migliaia hanno riempito le strade di Roma.
E' stata una giornata importante per un paese che subisce duramente l'attacco della destra razzista e padronale, una giornata che ci dà forza e convinzione per continuare a lottare per la democrazia e l'alternativa.
da il Manifesto 6/12
Sorpresa, il corteo si tinge di rosso
di Matteo Bartocci
La manifestazione viola è colorata anche di rosso. Tanto. Organizzato. Orgoglioso. Con migliaia di bandiere rosse con falce e martello che punteggiano tutto il corteo fino a piazza San Giovanni. Rifondazione ha aderito alla manifestazione fin dal primo giorno insieme ad Antonio Di Pietro. Quando il successo della giornata era solo un miraggio e prevalevano sospetti e scetticismo. Anche con i pochi soldi rimasti in cassa ha contribuito con discrezione a centinaia di autobus da tutta Italia. E a fine giornata tra i dirigenti c'è il sorriso di chi, almeno per una volta, l'ha azzeccata, per dirla in dipietrese.
«Non è bizzarro chiedere le dimissioni di Berlusconi: è costellato di processi, è ritenuto colluso con la mafia e non sta facendo nulla per fronteggiare la crisi», commenta soddisfatto Oliviero Diliberto del Pdci. Paolo Ferrero (Prc) è invece molto critico con il Pd: «Mi fa specie che non ci sia. L'opposizione drammaticamente è solo qui in piazza - dice a piazza San Giovanni - ma dire no a Berlusconi è necessario per poter dire sì alle cose che vogliamo fare». Sinistra e Verdi intanto, esclusi dal parlamento, hanno cominciato a raccogliere le firme per diversi referendum: contro la legge 30 e il nucleare, per l'acqua pubblica.
da Liberazione 6/12
Questa è la vera scossa di cui il paese ha bisogno
di Dino Greco
Venerdì titolavamo il giornale dando corpo ad una sensazione che era anche un auspicio, una speranza: «Scesi in campo», scrivevamo sotto la foto di un gruppo di giovanissimi, stretti in gruppo, che tenevano nelle mani il manifesto del NoBDay. Ebbene, ieri, per le vie di Roma si è visto davvero qualcosa di nuovo, di inedito. E di promettente. Quella generazione che si è inseguita per settimane sulla rete, che ha via via preso coscienza di sé, della possibilità di un agire politico diretto si è ritrovata in piazza, per dire che Berlusconi e con lui tutto il marcio che ammorba questo Paese se ne deve andare. Un corteo impressionante, per la quantità delle persone che hanno raccolto l'appello e, ancor più, per l'intensità di una partecipazione che emanava consapevolezza di una responsabilità collettiva. Tutto il contrario di quella passività rassegnata che abbiamo temuto potesse prendere il sopravvento nel clima di degenerazione che si sprigiona dai palazzi del potere. Chi abbia seguito il serpentone fin dentro una piazza San Giovanni per una volta troppo piccola non può non aver ricavato un'impressione profonda. Perché la protesta corale, la richiesta condivisa di giustizia, di uguaglianza, di pulizia, era declinata in mille modi diversi, come se ognuno volesse dirlo in un modo proprio, con un segno, un cartello, uno slogan, un drappo del vestito. C'era il viola, colore adottato dagli organizzatori della manifestazione. E c'era il rosso delle bandiere della Federazione della Sinistra che in mattinata, in un teatro Brancaccio straripante, ha posto la prima, fondamentale pietra di una sinistra unita e plurale. E che ora è attesa al compito più impegnativo, quello di mettere radici in tutto il Paese e divenire - senza supponenza - interlocutrice dei movimenti, del variegato conflitto sociale, di una domanda di democrazia rimasta per troppo tempo inascoltata e men che meno rappresentata. La nottata non è certo passata. Ma forse qualcosa comincia a cambiare davvero.
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