In vista della "giornata del ricordo" voluta dagli elementi revisionisti del governo Berlusconi, pubblichiamo un nostro articolo sulla “questione foibe”. Da comunisti e da militanti dell'ANPI siamo impegnati nella lotta al revisionismo storico per difendere il presente dalla nuovo nazionalismo e dal nuovo fascismo
La problematica delle foibe si inserisce nel quadro degli atti di giustizia sommaria e dei regolamenti di conti che segnarono diffusamente in Europa la fine del secondo conflitto mondiale. Parlando di foibe, cavità naturali presenti nella regione della Venezia Giulia ed utilizzate nel periodo di guerra come fosse comuni, ci si riferisce al fenomeno di esecuzioni sommarie ed atti di violenza che colpì le figure ritenute maggiormente compromesse con il regime fascista e con l'occupazione nazista, prima a seguito dell'armistizio nel 1943 e poi con la Liberazione nel 1945. Per comprendere correttamente queste dinamiche è necessario contestualizzarne gli sviluppi ed individuarne le radici storiche e culturali.
Il territorio della Venezia Giulia rappresenta storicamente un'area multietnica, caratterizzata dalla triplice presenza di sloveni croati ed italiani. Questi ultimi costituivano in linea tendenziale, sotto il profilo politico ed economico, la classe dominante della regione ed erano insediati principalmente nelle città. Gli “s'ciavi”, termine spregiativo in uso per designare sloveni e croati, residenti per lo più nelle campagne, erano in gran parte relegati ai margini della società e venivano spesso considerati come barbari e rozzi, trattati in maniera a volte aggressiva a volte paternalistica. Ciò accrebbe molto, nel lungo periodo, il risentimento delle popolazioni slave verso la classe dirigente italiana.
Con la prima guerra mondiale e con la disgregazione dell'impero austro-ungarico, di cui la regione giuliana faceva parte, questa passò sotto sovranità italiana. Poco dopo, l'avvento del fascismo condusse all'escalation della politica di cancellazione dell'identità culturale e della volontà di emancipazione sociale e politica di sloveni e croati al confine orientale. Il regime intervenne infatti duramente nell'area, adottando una politica di “snazionalizzazione” forzata degli slavi residenti in Italia, finalizzata alla loro completa assimilazione alla coscienza nazionale italiana: assimilazione ammessa previa adesione incondizionata alla struttura sociale e politica dello Stato italiano. Di conseguenza scuole, giornali, associazioni, partiti slavi vennero sciolti. Fu vietato l'uso di lingue differenti dall'italiano in luoghi pubblici. Sul piano socio-economico vennero tagliate le possibilità di emancipazione e di sviluppo, ad esempio attraverso la redistribuzione della terra degli slavi a coloni italiani. La condotta del regime al confine orientale fu dunque improntata ad un'opera di “italianizzazione” coatta delle popolazioni slovene e croate, applicata con la coercizione diretta o con la spinta all'assimilazione “spontanea” ad una cultura e ad una civiltà, quella italiana, ritenuta esplicitamente superiore. Lo steccato psicologico innalzato in età asburgica dagli italiani nei confronti dei conterranei slavi si ripropose così in forma aggressiva e nazionalista. Il tutto sulla base del progetto di sovrapporre completamente confini etnici e confini politici dello Stato italiano, in virtù di una visione dello Stato improntata ad una fanatico nazionalismo ed ermeticamente chiusa ad ogni forma di apertura verso l'esterno e verso il “diverso”. L'impostazione nazionalista della dittatura fascista andava di pari passo con la vocazione imperialista e bellicista della stessa. Vocazione rivolta, accanto alle ambizioni di ambito africano, nei confronti nel mondo balcanico, sulla base soprattutto di spinte di espansione economica e commerciale provenienti dalle classi dirigenti della penisola.
La guerra portò a compimento le aspirazioni imperialiste del regime sull'area balcanica.
Dopo aver già dato prova di sé con l'aggressione ai danni dell'Etiopia (con l'utilizzo peraltro di armi chimiche sui civili) nel 1935, col ritorno in Libia e con l'occupazione dell'Albania nel 1939, lo Stato fascista, nell'intento di rendere l'Italia potenza egemone in ambito mediterraneo, mise pienamente in atto le proprie ambizioni di espansione e di dominio.
Il 6 Aprile 1941 l'esercito italiano attaccò il territorio balcanico. Le velleità di conquista fasciste sui Balcani si concretizzarono in quegli anni nell'annessione diretta della Provincia di Lubiana, in pieno territorio sloveno, nell'occupazione del Montenegro, nel protettorato instaurato sull'Albania, nell'aggressione alla Grecia del 1940. Il regime istituì un sistema di campi di concentramento (come Arbe, Renicci, Chiesanuova, Gonars) allestiti nella penisola e nei territori occupati, dove furono interate decine di migliaia di persone, causando circa 10mila morti, soprattutto civili.
Il costo complessivo dell'occupazione balcanica si aggira intorno alle 200mila vittime. Le camicie nere e l'esercito italiano, sulla spinta di direttive come la famigerata circolare 3C del generale Roatta, si resero colpevole di atti di violenza brutale ed autentici crimini di guerra, come nel caso di Phodum, presso Fiume, con la fucilazione di 108 uomini. Accanto alle esecuzioni sommarie spesso si aggiunsero incendi di case e villaggi interi. Dopo l'armistizio, l'avvento devastante delle truppe tedesche, attivamente coadiuvate nell'opera di repressione da parte dei fascisti della Repubblica sociale, peggiorò notevolmente lo scenario, incrementando di riflesso le tensioni ed il livello di esasperazione popolare.
Tutto ciò rappresenta il substrato e la premessa per il verificarsi di atti di violenza e di applicazione sommaria della giustizia, nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945, da parte di insorti e formazioni partigiane nel primo caso, e da parte delle truppe dell'esercito jugoslavo nel secondo. Molti di coloro che vennero giustiziati trovarono sbrigativa sepoltura nelle foibe della regione. Le violenze incontrollate colpirono anche vittime innocenti legate allo Stato italiano e facilmente assimilabili al regime fascista, il quale aveva sempre insistito sulla sovrapposizione e l'identificazione tra italianità e fascismo, tra fascio e tricolore. In questo contesto vi fu spazio per vendette private e regolamenti di conti personali. Gli eventi ebbero nel complesso una radice essenzialmente politica ed ideologica (pur non mancando negli animi di molti slavi un diffuso sentimento di rancore, accumulato nei decenni, verso gli italiani) e si connotarono come momento di sfogo dell'esasperazione procurata dalla politica di “bonifica” etnica del fascismo al confine orientale. Se nel 1943 questa reazione fu principalmente spontanea, nell'ambito di improvvisate insurrezioni, nel '45 le autorità jugoslave ebbero invece importanti responsabilità nel degenerare degli eventi.
L'interpretazione secondo cui gli italiani uccisi lo furono “in quanto tali” è decisamente scorretta. L'infelice sorte degli stessi collaborazionisti croati, serbi, sloveni catturati dalle truppe di Tito ne rappresenta una chiara confutazione. La tesi, attualmente riproposta dalla destra, della pulizia etnica a danno degli italiani, che accantona le responsabilità della classe dirigente italiana e della dittatura fascista e la connotazione principalmente politica dei fatti, recuperata peraltro di peso dalla propaganda nazifascista del '43-'45, è semplicemente strumentale a preoccupanti forme di redenzione storica dell'esperienza del Ventennio e di legittimazione politica della destra neofascista. Di pulizia etnica, perlomeno sul piano culturale, se ne può invece legittimamente parlare riferendosi alla politica di confine del fascismo verso sloveni e croati.
Decontestualizzando gli eventi in questione dalla propria matrice storica e culturale, riconducibile alle vessazioni da parte italiana ed alla politica imperialista del fascismo, la comprensione degli stessi ne risulta conseguentemente distorta. Per cogliere pienamente la complessità del discorso è necessario superare una prospettiva interpretativa di stampo meramente nazionale e focalizzata su una considerazione delle tre componenti etniche della regione come forze monolitiche ed a sé stanti, analizzando il ruolo e la configurazione dei diversi strati sociali e dei vari fattori economici e politici che influirono sugli sviluppi qui delineati. Un fenomeno come quello delle foibe merita indiscutibilmente approfondimento ed analisi, con la consapevolezza però che se da un lato è doveroso criticare gli eccessi e gli errori del movimento di Resistenza e delle autorità jugoslave, dall'altro è necessario ricondurli ai loro prodromi, del razzismo verso gli slavi, del fascismo, della guerra.
GC-FGCI L'Aquila
La problematica delle foibe si inserisce nel quadro degli atti di giustizia sommaria e dei regolamenti di conti che segnarono diffusamente in Europa la fine del secondo conflitto mondiale. Parlando di foibe, cavità naturali presenti nella regione della Venezia Giulia ed utilizzate nel periodo di guerra come fosse comuni, ci si riferisce al fenomeno di esecuzioni sommarie ed atti di violenza che colpì le figure ritenute maggiormente compromesse con il regime fascista e con l'occupazione nazista, prima a seguito dell'armistizio nel 1943 e poi con la Liberazione nel 1945. Per comprendere correttamente queste dinamiche è necessario contestualizzarne gli sviluppi ed individuarne le radici storiche e culturali.
Il territorio della Venezia Giulia rappresenta storicamente un'area multietnica, caratterizzata dalla triplice presenza di sloveni croati ed italiani. Questi ultimi costituivano in linea tendenziale, sotto il profilo politico ed economico, la classe dominante della regione ed erano insediati principalmente nelle città. Gli “s'ciavi”, termine spregiativo in uso per designare sloveni e croati, residenti per lo più nelle campagne, erano in gran parte relegati ai margini della società e venivano spesso considerati come barbari e rozzi, trattati in maniera a volte aggressiva a volte paternalistica. Ciò accrebbe molto, nel lungo periodo, il risentimento delle popolazioni slave verso la classe dirigente italiana.
Con la prima guerra mondiale e con la disgregazione dell'impero austro-ungarico, di cui la regione giuliana faceva parte, questa passò sotto sovranità italiana. Poco dopo, l'avvento del fascismo condusse all'escalation della politica di cancellazione dell'identità culturale e della volontà di emancipazione sociale e politica di sloveni e croati al confine orientale. Il regime intervenne infatti duramente nell'area, adottando una politica di “snazionalizzazione” forzata degli slavi residenti in Italia, finalizzata alla loro completa assimilazione alla coscienza nazionale italiana: assimilazione ammessa previa adesione incondizionata alla struttura sociale e politica dello Stato italiano. Di conseguenza scuole, giornali, associazioni, partiti slavi vennero sciolti. Fu vietato l'uso di lingue differenti dall'italiano in luoghi pubblici. Sul piano socio-economico vennero tagliate le possibilità di emancipazione e di sviluppo, ad esempio attraverso la redistribuzione della terra degli slavi a coloni italiani. La condotta del regime al confine orientale fu dunque improntata ad un'opera di “italianizzazione” coatta delle popolazioni slovene e croate, applicata con la coercizione diretta o con la spinta all'assimilazione “spontanea” ad una cultura e ad una civiltà, quella italiana, ritenuta esplicitamente superiore. Lo steccato psicologico innalzato in età asburgica dagli italiani nei confronti dei conterranei slavi si ripropose così in forma aggressiva e nazionalista. Il tutto sulla base del progetto di sovrapporre completamente confini etnici e confini politici dello Stato italiano, in virtù di una visione dello Stato improntata ad una fanatico nazionalismo ed ermeticamente chiusa ad ogni forma di apertura verso l'esterno e verso il “diverso”. L'impostazione nazionalista della dittatura fascista andava di pari passo con la vocazione imperialista e bellicista della stessa. Vocazione rivolta, accanto alle ambizioni di ambito africano, nei confronti nel mondo balcanico, sulla base soprattutto di spinte di espansione economica e commerciale provenienti dalle classi dirigenti della penisola.
La guerra portò a compimento le aspirazioni imperialiste del regime sull'area balcanica.
Dopo aver già dato prova di sé con l'aggressione ai danni dell'Etiopia (con l'utilizzo peraltro di armi chimiche sui civili) nel 1935, col ritorno in Libia e con l'occupazione dell'Albania nel 1939, lo Stato fascista, nell'intento di rendere l'Italia potenza egemone in ambito mediterraneo, mise pienamente in atto le proprie ambizioni di espansione e di dominio.
Il 6 Aprile 1941 l'esercito italiano attaccò il territorio balcanico. Le velleità di conquista fasciste sui Balcani si concretizzarono in quegli anni nell'annessione diretta della Provincia di Lubiana, in pieno territorio sloveno, nell'occupazione del Montenegro, nel protettorato instaurato sull'Albania, nell'aggressione alla Grecia del 1940. Il regime istituì un sistema di campi di concentramento (come Arbe, Renicci, Chiesanuova, Gonars) allestiti nella penisola e nei territori occupati, dove furono interate decine di migliaia di persone, causando circa 10mila morti, soprattutto civili.
Il costo complessivo dell'occupazione balcanica si aggira intorno alle 200mila vittime. Le camicie nere e l'esercito italiano, sulla spinta di direttive come la famigerata circolare 3C del generale Roatta, si resero colpevole di atti di violenza brutale ed autentici crimini di guerra, come nel caso di Phodum, presso Fiume, con la fucilazione di 108 uomini. Accanto alle esecuzioni sommarie spesso si aggiunsero incendi di case e villaggi interi. Dopo l'armistizio, l'avvento devastante delle truppe tedesche, attivamente coadiuvate nell'opera di repressione da parte dei fascisti della Repubblica sociale, peggiorò notevolmente lo scenario, incrementando di riflesso le tensioni ed il livello di esasperazione popolare.
Tutto ciò rappresenta il substrato e la premessa per il verificarsi di atti di violenza e di applicazione sommaria della giustizia, nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945, da parte di insorti e formazioni partigiane nel primo caso, e da parte delle truppe dell'esercito jugoslavo nel secondo. Molti di coloro che vennero giustiziati trovarono sbrigativa sepoltura nelle foibe della regione. Le violenze incontrollate colpirono anche vittime innocenti legate allo Stato italiano e facilmente assimilabili al regime fascista, il quale aveva sempre insistito sulla sovrapposizione e l'identificazione tra italianità e fascismo, tra fascio e tricolore. In questo contesto vi fu spazio per vendette private e regolamenti di conti personali. Gli eventi ebbero nel complesso una radice essenzialmente politica ed ideologica (pur non mancando negli animi di molti slavi un diffuso sentimento di rancore, accumulato nei decenni, verso gli italiani) e si connotarono come momento di sfogo dell'esasperazione procurata dalla politica di “bonifica” etnica del fascismo al confine orientale. Se nel 1943 questa reazione fu principalmente spontanea, nell'ambito di improvvisate insurrezioni, nel '45 le autorità jugoslave ebbero invece importanti responsabilità nel degenerare degli eventi.
L'interpretazione secondo cui gli italiani uccisi lo furono “in quanto tali” è decisamente scorretta. L'infelice sorte degli stessi collaborazionisti croati, serbi, sloveni catturati dalle truppe di Tito ne rappresenta una chiara confutazione. La tesi, attualmente riproposta dalla destra, della pulizia etnica a danno degli italiani, che accantona le responsabilità della classe dirigente italiana e della dittatura fascista e la connotazione principalmente politica dei fatti, recuperata peraltro di peso dalla propaganda nazifascista del '43-'45, è semplicemente strumentale a preoccupanti forme di redenzione storica dell'esperienza del Ventennio e di legittimazione politica della destra neofascista. Di pulizia etnica, perlomeno sul piano culturale, se ne può invece legittimamente parlare riferendosi alla politica di confine del fascismo verso sloveni e croati.
Decontestualizzando gli eventi in questione dalla propria matrice storica e culturale, riconducibile alle vessazioni da parte italiana ed alla politica imperialista del fascismo, la comprensione degli stessi ne risulta conseguentemente distorta. Per cogliere pienamente la complessità del discorso è necessario superare una prospettiva interpretativa di stampo meramente nazionale e focalizzata su una considerazione delle tre componenti etniche della regione come forze monolitiche ed a sé stanti, analizzando il ruolo e la configurazione dei diversi strati sociali e dei vari fattori economici e politici che influirono sugli sviluppi qui delineati. Un fenomeno come quello delle foibe merita indiscutibilmente approfondimento ed analisi, con la consapevolezza però che se da un lato è doveroso criticare gli eccessi e gli errori del movimento di Resistenza e delle autorità jugoslave, dall'altro è necessario ricondurli ai loro prodromi, del razzismo verso gli slavi, del fascismo, della guerra.
GC-FGCI L'Aquila
Bell'articolo! soprattutto per la denuncia contro un governo falso che promuove ''giornate del ricordo'' mentendo sulle reali cause/effetti che hanno generato questo indegno massacro!
RispondiEliminaUn governo falso si,ma nulla di cui ci dovremmo stupire! si perche la falsità è una malattia comune che ha sempre colpito chi si interessava di politica, anche il nostro caro Togliatti;
lui,infatti, storico leader del PCI,icona del comunismo italiano,fu il primo a mentire su questo massacro! Lui,che sbandiierava tanto il cuore rosso e parlava di libertà e uguaglianza fu il primo a oltraggiare i morti delle foibe...egli negò prima i massacri che si perpretavano in friuli,poi davanti a uno scenariio palese incelabile li ''sminuiva''..era facile per una giovane repubblica anti-fascista non adoperarsi per salvare i ex fascisti,era facile dare all'italia liberata una parvenza di ''giustizia'' alle esecuzioni dei partigiani sui fascisti..era facile.
Ma in mezzo a quei fascisti c'era gente comuni,apolitica,vecchi,donne e bambini! gente povera e sottomessa che non meritava quelle sevizie! si perche le foibe non erano campi di concentramento,erano cavità alte piu di 100 metri dove i poveracci venivano gettati con le mani legate con fil di ferro! dove morivano di fame o dilaniati dalle ferite (se non morivano direttamente) che si provocavano con la caduta! si perche le foibe non erano SOLO fosse comuni per cadaveri...erano fosse comuni anche per vivi!
Avete fatto bene a scrivere questo articolo,perche ora molti possono sapere che oltre al ''famoso'' olocausto degli ebrei-che senza dubbio fu una vergogna mondiale- ora si DEVE ricordare parimenti la sorte di nostri,non connazionali,ma fratelli,uomini come noi tutti,caduti vittima della cieca violenza dei partigiani di tito (e purtroppo non solo).Avete fatto bene a dire che bisogna ricordare TUTTO,perche tutti devono sapere realmente come è andata,giusto per riflettere e capire,giusto per imparare a NON GIUSTIFICARE MAI UN CRIMINE,mai,di chiunque sia la colpa!
e che anche le foibe siano ricordate sempre e da tutti,perche credo che non è la cifra dei morti o gli antefatti a rendere piu o meno ''giusta'' o ''comprensibile'' una strage simile!
se tra Auschwitz e le foibe morivano complessivamente 10 o 100 persone per me era uguale...per me la violenza,nazista o comunista non vanno giustificate,mai!
Per favore...non continuate a ''sminuire'' questo o altri massacri solo perche la vostra idea politica vi direziona da quella parte..siate padroni di voi stessi! non fatevi servi di ideologie! Le foibe sono stato un massacro INGIUSTIFICABILE,come lo sono tutti i massacri..denunciamolo,ricordiamolo...perche mai piu i crimini verranno ripagati con i crimini...perche mai piu i crimini verranno accettati o comunque ''minimizzatti''! non è giusto..perche tra quei 10000morti non tutti erano fascisti,non tutti se lo meritavano..non se lo meritano sicuramente i bambini che oggi potevano essere i nostri padri e che a 5 anni hanno fatto un gigantesco salto mortale nelle foibe!no non se lo meritavano!
E PER FAVORE NON CANCELLATE I COMMENTI! AL MASSIMO RISPONDETE...dimostrate di essere aperti al dialogo...
nell'articolo non si "minimizzano i massacri", la conclusione ne riassume bene il senso:
RispondiElimina"con la consapevolezza però che se da un lato è doveroso criticare gli eccessi e gli errori del movimento di Resistenza e delle autorità jugoslave, dall'altro è necessario ricondurli ai loro prodromi, del razzismo verso gli slavi, del fascismo, della guerra."
perciò crediamo che la critica contenuta nel tuo commento sia inesatta
premettendo che mi fa piacere il fatto di ricevere come risposta un'argomentazione,a differenza di come avete fatto prima,cioè cancellandomi l'intervento,voglio solo chiarire un possibile malinteso.
RispondiEliminaSe dalle mie parole sembra che io vi accusi di ''minimizzare i massacri'' in quanto tali,ebbene me ne dispiaccio.In realtà volevo ben differentemente dire che la linea argomentativa dell'articolo è chiaramente volta a spiegare le cause che hanno generato l'evento in questione.Niente di piu giusto,ovviamente! ma da questo tipo di argomentazione vi è una spiccata tendenza a MOTIVARE gli antefatti,i podromi,di un tale massacro,che viene posto poi in secondo piano,la reazione selvaggia dei partigiani di tito.
Non è così? non sono su due piani diversi? ebbene anche se voi voleste mettere questi sullo stesso piatto della bilancia sarebbe infamante ugualmente! come ho gia detto e come sempre,apoliticamente poiche si tratta semplicemente di etica, dirò: non si giustificano crimini con crimini! Voi non volevate giustificare? sebbene questo traspare dalle vostre parole,comunque io dico che non si puo parlare di ''eccessi e errori'' ma semplicemente di CRIMINI.
Non credo che se pubblicaste un articolo sulla Shoa stareste a dire ''una delle cause alla base del razzismo nazista era totalmente economica:i tedeschi stanchi del potere monetario ebreo riversarono la loro rabbia (generando la corrente nazionalsocialista) nella eliminazione di costoro (tragedia della shoa). si perche sebbene il desiderio di ''vendetta'' germanico contro l'usura di cui erano vittima i tedeschi,invasi e sopraffatti dai nuovi sfruttatori,è il medesimo.
Se si deve parlare di tutte le cause ebbene,da voi,mi aspetto anche un articolo su quanto appena detto...se lo scriverete-come giusto che sia-con piacere lo leggerò!
non è questione di giustificare, è questione di spiegare, interpretare, capire. delineare il percorso che ha condotto a quegli eventi, semplicemente. il paragone con il nazismo è privo di senso, perché lì si è trattato di una persecuzione razziale giustificata con il mito dell'egemonia economica degli ebrei. nel caso delle foibe si è semplicemente verificata una risposta, aspra, alle violenze apportate dal fascismo e dalla guerra: questa risposta è avvenuta per motivazioni politiche, non nazionali, come la teoria della "pulizia etnica" a danno degli italiani vorrebbe far credere (teoria peraltro rifiutata da tutta la storiografia degna di questo nome che si occupa dell'argomento). In sostanza, la tesi degli italiani "martiri" fa soltanto il gioco della destra neofascista, che aspira a rivendicare la memoria dei propri camerati, giustiziati, seppur sommariamente e coinvolgendo anche innocenti, dopo anni di vessazioni e violenze compiute ai danni degli slavi e degli oppositori di quelle terre.
RispondiEliminanon chiedo vendetta per quanto accaduto,ma che si provi vergogna nel ricordare eventi in cui la politica ha oltraggiato l'etica umana,eventi in cui per un ideale ci si è comportati cosi miseramente!
RispondiEliminaNon si puo negare che i servi di tito si siano comportati in modo indegno! (come non si puo negare che la presenza fascista in quei luoghi non era tra le piu apprezzate)
i semplici termini linguistici usati nei commenti, prima ancora dei concetti espressi sul "desiderio di vendetta germanico", rivelano una malcelata matrice neofascista. quasi comica (se l'argomento non fosse tragico) la conclusione dell'ultimo commento
RispondiEliminaAvete proprio ragione! Quant'è giustificabile il massacro che gli italiani si sono cercati!
RispondiEliminaScusate se prima avevo una cosi sbagliata opinione su questi metodi violenti,ora mi avete proprio aperto gli occhi...
non si giustifica, si spiega, come si è cercato di far capire dall'articolo e dai commenti precedenti. è più corretto parlare di fascisti che di italiani, perché fu l'elemento politico ad essere prevalente nello svolgimento dei fatti, ed il fascismo ne fu la matrice
RispondiEliminaGli Italiani sono stati infoibati per i disegni geopolitici nazionalcomunisti di Tito. Altro che reazione popolare contro i pregressi crimini fascisti.
RispondiEliminaP.
I disegni geopolitici erano dell'imperialismo fascista e nazista. E' un dato storico che è stato il nazifascismo a scatenare la guerra, i partigiani hanno resistito difendendo il proprio popolo. Basta leggersi i libri di storia (quelli autorevoli, non le cagate revisioniste scritte dai fascisti d'oggi, ovviamente). Vergognatevi.
RispondiEliminaQuante cazzate, certo, ok, le foibe sono state una reazione popolare, anche giustificata. Sì la vendetta del popolo.
RispondiEliminaVergognati tu, ti farei ripetere queste parole davanti agli esuli e ai reduci di quelle'esperienza.
x anonimo, se credi che la nostra attuale civiltà sia diversa nel contesto da quella dell'articolo e credi di essere molto "avanti" e di esserti lasciato "tutto alle spalle" sei di una ingenuità che spesso cela una malafede inconfessata o non visualizzata a livello conscio nei migliori, o peggiori, dei casi. perché è su quelli come te che contano gli "emuli nazifascisti" attuali. Noi di radiouncino81.it ti possiamo dire, e lo pubblichiamo sul web permanentemente e non solo qui, che: SIAMO COTTI! SIAMO TUTTI COTTI NELLA SOCIETA' INDUSTRIALIZZATA O OCCIDENTALE! DAI POLITICI AGLI ELETTORI! UNICO RIMEDIO E' IL REALISMO DEL COMUNISMO! e da comunisti e partigiani SEMPRE! che: GIUSTI CON I GIUSTI, INGIUSTI CON I NON GIUSTI. p,s, oggi 10 febbraio è la giornata della memoria per le foibe, istituita durante il Governo Berlusconi circa 10 anni fa. per chi è interessato: Fascist Legacy documentario dell'89 di Ken Kirby per la BBC parla dei crimini fascisti commessi in etiopia e jugoslavia, si può scaricare su www.ru81.it/video/FascistLegacy_agk.avi - 80 MB, 45 minuti di cui i primi 15 minuti sulla etiopia e i restanti 30 minuti sulla jugoslavia. registrazione amatoriale tratta da LA7 che lo ha trasmesso, la RAi ce l'ha da molto ma non lo ha mai mandato in onda
RispondiEliminarettico nome che è Pierluigi Ferrara, quello di Raffaele non è altro che un secondo account Google+ che ho fatto io con il nome/cognomne di mio fratello. e aggiungo: il video del p.s. è visibile in tutto il mondo grazie ai canali BBC. tanto per dire che noi italiani accomodiamo tutto in "famiglia" ma gli altri sanno che "famiglia" siamo
RispondiElimina